J. Hoffmann: discorso di ringraziamento – Berna, 23.11.2007

USA e Francia/Lussemburgo

Bruce Beutler e Jules Hoffmann

Premio Balzan 2007 per l'immunità innata

Per la loro scoperta dei meccanismi genetici responsabili dell’immunità innata. Hanno collaborato strettamente all’elaborazione di una nuova visione dei meccanismi molecolari di difesa che gli organismi, dai più primitivi ai più evoluti, oppongono agli agenti infettivi. I loro lavori conducono ad applicazioni mediche molto promettenti.


Signor Consigliere Federale,
Membri della Fondazione Balzan,
Signore e Signori,

Vorrei iniziare esprimendo la mia profonda gratitudine alla Fondazione Internazionale Balzan per avermi assegnato il Premio Balzan 2007 per l’immunità innata, unitamente al mio amico Bruce Beutler.

Consapevole della lista di illustri studiosi che sono stati riconosciuti dalla Fondazione Balzan, ricevo questo premio con gratitudine e profonda umiltà.

Bruce Beutler e io siamo particolarmente lieti del fatto che il premio riconosca per la prima volta gli studi sull’immunità innata, avvolgendoli con un mantello di nobiltà. Vorrei esporre brevemente il concetto di immunità innata: noi esseri umani, insieme alle circa 45.000 specie di vertebrati oggi esistenti, combattiamo le infezioni microbiche attraverso due strumenti di difesa: uno viene definito come “immunità innata”, l’altro come “immunità adattativi”. Più di tre milioni di specie di vertebrati, con i quali coesistiamo sul nostro pianeta, per combattere le aggressioni microbiche si affidano esclusivamente, ma in maniera molto efficace, all’immunità innata. I meccanismi dell’immunità innata furono scoperti alla fine del XIX secolo dal Premio Nobel Eliah Metchnikoff, alcuni decenni prima della scoperta delle difese adattative. Tuttavia, per quasi tutto il XX secolo, le ricerche sulle difese dell’organismo ospite si concentrarono sull’immunità adattativa. Gli studiosi erano attratti dalla caratteristica peculiare di questo tipo di difesa, che è la generazione di un vasto repertorio di recettori degli antigeni sui linfociti, nonché dal processo di vaccinazione, che dipende dall’espansione clonale dei linfociti. Al contrario, l’immunità innata è sempre stato un settore trascurato dalla ricerca. L’abbandono era tale che quando pubblicammo i primi risultati sulla genetica delle difese innate del moscerino della frutta, o Drosophila, il nostro gruppo ebbe molte difficoltà a convincere i responsabili della cura editoriale dei testi che era appropriato definire “immunità”questo tipo di difesa.

Oggi la situazione è cambiata. Negli ultimi anni abbiamo raggiunto un buon grado di comprensione dei meccanismi che permettono alla risposta immunitaria innata di giocare un ruolo essenziale contro i microorganismi invasori. Abbiamo scoperto come questa linea di difesa riconosce gli agenti patogeni e, in risposta, attiva dei tracciati segnaletici che, successivamente, portano alla manifestazione di un gruppo di geni i cui prodotti cooperano alla lotta contro i microbi invasori. In questa sede vorrei solamente sottolineare che uno dei risultati più sorprendenti degli studi del laboratorio di Beutler e del mio, e di quelli di chi si è impegnato in questo campo di studio, è stato la scoperta di similitudini incontestabili tra i meccanismi della difesa innata nelle mosche e nei mammiferi, compresi gli umani. Questo si è dimostrato essere vero sia a livello dei recettori dei leganti microbici, che per le cascate segnaletiche e il controllo trascrizionale dei geni della risposta immunitaria che ho appena citato. Logicamente, gli elementi attivi che abbiamo scoperto, e le loro funzioni in mosche e topi, derivano da una risposta immunitaria ancestrale che è stata messa a punto già 600 o 700 milioni di anni fa, prima della separazione dei gruppi che col tempo hanno portato alle mosche e ai mammiferi del giorno d’oggi. Solo in un periodo evolutivo più recente – circa 450 milioni di anni fa – i vertebrati hanno aggiunto l’immunità adattativa al loro armamentario di difese, continuando però ad affidarsi a un’efficace risposta immunitaria innata come prima linea di difesa.

Lasciamo ora da parte l’immunità innata, i suoi concetti e meccanismi e destiniamole altri forum che non siano la celebrazione di questo pomeriggio, poiché vorrei guardare indietro per un attimo e ricordare quelle persone che grazie alle loro intuizioni, ai loro insegnamenti e al loro supporto mi hanno permesso di essere qui oggi. Mio padre, Jos Hoffmann, professore di biologia e appassionato entomologo vissuto in Lussemburgo, mi ha introdotto alla zoologia e mi ha trasmesso il suo eccezionale entusiasmo, che ho sempre coltivato per questa materia. Pierre Joly, dell’Istituto di Zoologia dell’Università di Strasburgo, che mi ha fatto far pratica nel campo della biologia sperimentale e, insieme ad Aimé Porte, nella biologia cellulare. Durante un periodo di post-dottorato a Marburgo in Germania, Peter Karlson, uno dei più insigni fisiologi chimici tedeschi, ha plasmato la mia conoscenza della biochimica e dell’endocrinologia chimica. Devo a questi giganti molto più della formazione che mi hanno dato: essi avevano una visione profonda, entusiasta, sebbene a volte critica, delle scienze biologiche, che ha segnato tutta la mia vita. Tutti e quattro sono ora scomparsi ma sopravvivono negli ambienti scientifici che hanno fatto nascere e crescere.

Sono stato straordinariamente fortunato nel reclutare fin dall’inizio collaboratori di prima classe nel mio laboratorio. A onor del vero, la mia prima studentessa è diventata mia moglie e Daniele è qui con noi nel pubblico. Ha accettato di fare molti sacrifici nella nostra vita in comune a livello scientifico e familiare e di questo le sono profondamente grato. Molti giovani scienziati si sono uniti a me nel corso degli anni e hanno fornito dei contributi significativi alle nostre scoperte, e sono lieto di sottolinearlo in questa sede. Hanno poi proseguito la loro carriera a Strasburgo o altrove. Vorrei nominare Charles Hetru, Marie Lagueux, Jean-Marc Reichhart, Jean-Luc Dimarq, Philippe Bulet, Jean-Luc Imler, Julien Royet e Elena Levashina. Voglio riservare una menzione speciale a Bruno Lemaitre, che è stato il primo genetista specializzato sulla Drosophila a unirsi al nostro gruppo, fornendo un contributo di prim’ordine alla scoperta della funzione immunitaria di Toll nel moscerino della frutta. I miei collaboratori, i loro studenti e i nostri colleghi post-dottorandi hanno fornito un contributo enorme alla nostra comprensione odierna dei meccanismi basilari delle difese antimicrobiche della Drosofila, collaborando alla definizione di questo sistema come paradigma per l’immunità innata in generale.

Le ricerche che abbiamo portato avanti durante tutto questo lungo periodo sono state generosamente e continuamente supportate dal Centre National de la Recherche Scientifique, la maggior agenzia di ricerca francese. Senza questo sostegno e senza gli incarichi professionali che l’agenzia ha assegnato ai miei collaboratori, sia come ricercatori che come assistenti tecnici, non saremmo mai stati in grado di essere competitivi nel nostro campo. Spero che i cambiamenti che si stanno compiendo a livello organizzativo e il supporto di French Science lascerà un ruolo importante al CNRS.

E’ un piacere del tutto particolare condividere questo Premio con Bruce Beutler. Sono quasi dieci anni che lavoriamo insieme, sia a livello scientifico che tramite accese discussioni su geopolitica, religioni e musica. Considero Bruce un carissimo amico e ispiratore. Vorrei anche sottolineare le durature e amichevoli collaborazioni che ho avuto con Alan Ezekowitz di Harvard, che è ora il Senior Executive for Research alla Merck, Charlie Janeway dell’Università di Yale, scomparso pochi anni fa, e Fotis Kafatos che è ora a capo del Consiglio Europeo per la Ricerca, una missione da 2 miliardi di Euro dell’Unione Europea che, come tutti noi speriamo, darà forte impeto alla ricerca europea.

Vorrei concludere con una nota molto personale. Ho ricevuto il mio primo vero premio scientifico qui a Berna nel 1979, quasi trent’anni fa. Era un premio sponsorizzato dalla Fondazione Wander e io ero stato nominato dal professor Martin Lüscher, un rinomato fisiologo degli insetti dell’Università di Berna che è tragicamente scomparso quello stesso anno. Conservo un caro ricordo del professor Lüscher e un enorme rispetto per i suoi successi scientifici. Sono particolarmente lieto che Madame Noémie Lüscher abbia potuto partecipare a questa cerimonia, insieme al professor Lanzrein, che ha raccolto l’eredità scientifica di Martin Lüscher all’Università di Berna. Entrambi erano al mio fianco nel 1979 durante la consegna del Premio Wander.

Vi ringrazio per la Vostra cortese attenzione.

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