Discorso di ringraziamento – Berna, 09.11.2001

Francia

Jean-Pierre Changeux

Premio Balzan 2001 per le neuroscienze cognitive

Il contributo del professor Changeux, profondo e di largo respiro, spazia dai meccanismi molecolari fondamentali della comunicazione chimica nel sistema nervoso, all'apprendimento e alla coscienza. Oltre al suo eccellente lavoro sperimentale, il professor Changeux ha dato un contributo teorico sull'epigenesi delle reti neuronali tramite la stabilizzazione selettiva delle sinapsi in via di sviluppo e su vari aspetti della cognizione. Jean-Pierre Changeux ha stabilito una nuova direzione per lo studio delle funzioni cognitive ancorandole a livello molecolare.


Signora Consigliera Federale,
Membri delle Fondazioni Balzan “Premio” e “Fondo”,
Signore e Signori,
Cari amici

“La ricerca è un gioco. Poco importa, in teoria almeno, che si vinca o che si perda. Ma i saggi hanno caratteristiche comuni ai bambini. Come loro amano vincere e come loro amano essere ricompensati”. André Lwoff riconosce con queste parole una caratteristica che raramente viene attribuita allo scienziato: l’ingenuità dell’infanzia. Pertanto lo sviluppo armonioso di un giovane ricercatore richiede l’attenzione benevola di un tutore disinteressato. André Lwoff è stato uno di questi, come pure il mio primo professore di liceo Jean Bathellier, che mi orientò verso la biologia, Claude Delamare-Debouteville, che mi accolse a 19 anni nel suo laboratorio, o François Jacob, che mi aprì le porte dell’Institut Pasteur. Jacques Monod fu il relatore di tesi eccezionale che seppe comunicarmi, al di là del suo sapere eccezionale, la sua passione per la “conoscenza obiettiva come sola fonte di verità autentica”. Con il suo esempio e la severa disciplina che essa esige, mi insegnò la necessità di ricercare le cause elementari, vale a dire molecolari, dei fenomeni della vita, dalle forme più semplici della vita batterica fino alla coscienza riflessiva dell’essere umano. Gli sono anche debitore dell’incoraggiamento alla riflessione teorica, così cara a Cartesio, che, nelle Regulae scrisse: “se qualcuno vuole ricercare seriamente la verità… che pensi soltanto ad accrescere la luce naturale della sua ragione…”.

Le frontiere della conoscenza biologica si collocano ai due estremi dell’evoluzione: da un lato l’origine dei primi esseri viventi e, dall’altro, le funzioni superiori del sistema nervoso centrale dell’uomo, con le sue capacità di rappresentazione e di simulazione soggettiva, in altri termini la sua funzione creatrice. Nel 1971 aveva luogo negli Stati Uniti la prima riunione annuale della “Society for Neuroscience”. Notate il singolare di Neuroscienza. Un nuovo campo del sapere, una nuova scienza era nata, che univa anatomia, psicologia, biochimica, fisiologia, matematica e liguistica in un ricco insieme dinamico, magnificamente creativo. La neuroscienza cognitiva – che entra nel titolo del Premio che mi avete generosamente conferito – si fa carico di questo progetto, ma con una ambizione ancora più grande. Prima di tutto si radica nei meccanismi molecolari comuni agli esseri viventi e propri della specie umana e sono debitore a David Nachmansohn – presso il quale ho effettuato uno stage postdottorale – di questo impegno a promuovere la ricerca sui fenomeni elettrici propri del sistema nervoso a livello della chimica. Quindi, il progetto cognitivo si fonda sulle reti dei neuroni che compongono il nostro cervello e le attività che in esso circolano. Infine, su queste basi, mira a impadronirsi di quelle facoltà “attive” dell’anima che Cartesio definisce nelle Méditations come “pensare, intendere, volere, immaginare…”. In altri termini, la res cogitans è divenuta ogetto di scienza allo stesso titolo della res extensa. Non ci sono più, oggi, due sostanze, ma una sola di cui occorre riconoscere tuttavia l’estrema complessità. Il vantaggio di tale progetto per la comprensione di queste facoltà, proprie della specie umana, è immenso: scoprire i meccanismi interni del nostro apparato di conoscenza e della nostra coscienza riflessiva. Ma altrettanto importanti sono le applicazioni terapeutiche di questo sapere a malattie che affliggono le nostre società: dall’angoscia quotidiana alla malattia mentale, dall’invecchiamento cerebrale alla demenza di Alzheimer. Tengo a ringraziare molto calorosamente la Fondazione e la Giuria del Premio Balzan per aver colto l’importanza di questa disciplina e riconosciuto il mio contributo, peraltro incompleto, ai suoi recenti progressi.

Vorrei sottolineare, per concludere, che una ricerca così complessa e impegnativa non può essere frutto di un solo uomo. La mia gratitudine è immensa verso l’Institut Pasteur, il Collège de France, il CNRS, l’Associazione Francese contro la Miopatia, verso tutti coloro il cui sostegno materiale, ha, in definitivo, permesso che venisse compiutamente realizzato il lavoro. Ma la ricerca è prima di tutto un’avventura umana, un’opera collettiva. Non posso menzionare qui tutti gli studenti, i postdottorandi, colleghi che hanno partecipato al lavoro per il quale io ricevo questo Premio. Sappiano che è anche ad essi che lo devo. Sono particolarmente riconoscente alla Fondazione Balzan per aver riconosciuto questo ruolo aiutando i giovani nella ricerca che verrà. Il futuro appartiene a loro. Il campo della neuroscienza cognitiva è immenso come la nostra volontà di progredire nella sua comprensione.

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