Abdul Sattar Edhi a Milano: intervento di Sergio Romano 17.11.2000

Pakistan/India

Abdul Sattar Edhi

Premio Balzan 2000 per l'umanità, la pace e la fratellanza fra i popoli

Per il suo altruistico lavoro, durato tutta la vita, a favore dei più poveri e della pace; per essere sempre andato alla ricerca di chi ha bisogno e di cui nessuno si cura.

Abdul Sattar Edhi a Milano

17 novembre, 2000, Palazzo Marino

Incontro organizzato in collaborazione con il Comune di Milano
Discorso pronunciato dall’Ambasciatore Sergio Romano, presidente del Comitato Generale Premi Balzan

Abdul Sattar Edhi è nato nel 1928, in una comunità di piccoli agricoltori convertiti all’Islam tre secoli fa. Furono chiamati veri credenti (Momins), poi Memoniti, una branca della grande famiglia islamica che ritiene di meglio obbedire ai precetti del profeta dedicando la sua vita ad attività mercantili. Provengono dal Sindh, provincia della città di Karachi, oggi in Pakistan. Ma si erano trasferiti da Gujrat, città del Punjab che fu diviso nel 1947, come vedremo, in due Stati dello stesso nome, uno indiano, l’altro pakistano.
Il padre fu mercante. Passava dieci mesi ogni anno fuori di casa a vendere stoffa, pistacchi, noci e zenzero a Bombay, Rangoom, Hyderabad, Colombo, Calcutta, tutto il subcontinente indiano in altre parole. Partecipa alla fondazione della Habib Bank voluta da Mohammed Ali Jinnah, fondatore del Pakistan.
Dal padre il piccolo Edhi impara il maneggio del denaro, a mettere soldi da parte. Un giorno acquista delle azioni e le ripone in una pentola su un alto scaffale dove lui solo si arrampica. Dalla madre impara a occuparsi dei poveri, a distribuire pacchi dono durante il Ramadan. Un giorno vede un uomo che maltratta un handicappato, lo difende, viene picchiato, la madre lo cura e lo elogia: Hai dato una voce a chi non l’ha.
I bambini possono vendere alle donne, ed Edhi diventa così un piazzista di stoffe in giro per la città.
L’India nel 1947, spartizione. Al momento della spartizione Edhi e la famiglia vivono a Bantva. Esortati da Jinnah, che non desidera perdere le competenze mercantili dei Memoniti, abbandonano la città, raggiungono il porto di Occha e di lì, dopo due giorni di mare, Karachi.
Nel 1948, mentre lavora nel negozio di stoffe, presta la sua opera ogni giorno in un dispensario. La madre è malata. Edhi diventa il suo dottore, il suo infermiere. Il viaggio in Europa lo mette in contatto con la società occidentale per cui, sembra di capire, Edhi prova al tempo stesso sentimenti di ammirazione e diffidenza.
Nel 1951 rileva un dispensario di 8 piedi quadrati, pari se non sbaglio a 2,40 mq. E’ il granello di sabbia da cui cresce gradualmente una straordinaria organizzazione. La storia di questa straordinaria avventura è nell’autobiografia, “A Mirror to the Blind”, “Uno specchio per il cieco”, trascritta dalla penna della scrittrice pakistana Tehmina Durrani.
Oggi, dopo poco più di cinquant’anni di attività, ecco le cifre della Fondazione Edhi: 

circa 800 ambulanze
5 aerei e 5 elicotteri usati per il trasporto di plasma, medicinali, organi per trapianto 
circa 250 centri Edhi collegati via radio e collocati a 25 Km di distanza uno dell’altro
60 posti di emergenza per interventi di difesa civile
grandi campagne contro l’analfabetismo, la droga, per la diffusione dell’igiene
15 case Edhi per i derelitti
tre milioni di bambini riabilitati
dieci case per la maternità
cliniche specializzate per le cure oculistiche e per i diabetici
sei cimiteri dove vengono sepolti i cadaveri abbandonati
assistenza legale ai carcerati
attività all’estero: guerra del Golfo, terremoto in Iran, terremoto al Cairo (1992), 
in Somalia nel 1993, nei campi di Croazia (1993-1995). E’ stato presente con l’assistenza ai rifugiati in tutti i conflitti asiatici: Bangladesh, Kashmir, Kurdistan, Birmania, Nepal, ma anche Somalia e in Uganda.

Ha cominciato a estendere la sua attività all’estero e la sua organizzazione assiste gli asiatici negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Ungheria, in Canada, in Bangladesh, in Giappone, Afghanistan, India, Sri Lanka, Etiopia, Sudan, Russia.
I finanziamenti. Non accetta denaro pubblico e si sostiene con le elemosine dei poveri: dieci milioni di dollari raccolti ogni anno. I poveri pagano per i poveri. Edhi stesso non possiede nulla: due vestiti e la piccola casa che aveva ereditato da sua madre. 
Chi è Edhi? Un santo laico? Un despota illuminato? Un George Soros della beneficenza? Una straordinaria combinazione di altruismo e di competenze organizzative? Credo che la conoscenza della sua attività in Europa, dopo il Premio Balzan, susciterà questi e altri interrogativi. E suppongo che accanto agli estimatori vi saranno anche molti critici. Non sarebbe quella di Edhi una grande impresa ?
Mi limito per concludere a tre considerazioni.
In primo luogo l’opera di Edhi non è comparabile alle grandi attività umanitarie oggi presenti nel mondo. E’ un comprehensive welfare system (sistema assistenziale comprensivo), un vero e proprio Stato assistenziale direttamente organizzato dalla società civile là dove le strutture pubbliche si sono spesso dimostrate inefficaci, impotenti o corrotte. In questo senso qualsiasi confronto con la “Croce Rossa”, “Save the Children”, “Médecins sans frontières”, “Caritas” e “Care” è letteralmente impossibile. Tutte sono nel loro campo eccellenti, ma nessuna di esse copre un’area di bisogni umani così estesa.
In secondo luogo questo è il volto umano e filantropico dell’Islam, la sua capacità di mobilitare la società civile per fini nobili e generosi, il suo sentimento di umana fratellanza: esattamente il contrario in altre parole della reputazione di cui malauguratamente l’Islam gode in questo periodo. Questo è l’Islam nobile, generoso, attento a valori che sono tipici della civiltà occidentale. Milano, città del volontariato, ha con questi musulmani molti punti di contatto. 
In terzo luogo questo è “il terzo mondo che aiuta se stesso”. Non credo, a differenza di molti, che l’Occidente sia stato insensibile alle condizioni dei paesi in via di sviluppo. Ma credo che non sia possibile aiutare chi non aiuta se stesso, e che molta assistenza al terzo mondo sia fornita per la mancanza di una classe dirigente egualmente intraprendente. 
Edhi lo ha dimostrato durante la sua vita. La Fondazione Balzan è fiera di potere aiutare chi sa in primo luogo provvedere a se stesso.

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