Discorso di ringraziamento – Roma, 16.11.1994

Regno Unito - USA/Germania

Fred Hoyle e Martin Schwarzschild

Premio Balzan 1994 per l'astrofisica (evoluzione delle stelle)

Per i loro contributi innovativi alla teoria dell’evoluzione stellare, che sono alla base del moderno sviluppo in questo campo.

Fred Hoyle

Signor Presidente, Membri della Fondazione Balzan,

Signore e Signori,

sono molto onorato di poter parlare per conto di molti studiosi del problema dell’evoluzione delle stelle. Gli astronomi, nei loro studi, devono fronteggiare due forme di attività molto diverse. Da un lato c’è l’espansione dell’Universo, processo dispersivo e degenerativo. Dall’altro lato c’è l’attività delle Stelle. Esse forniscono luce e calore, raggi x, persino raggi y, e spingono velocissimi venti di particelle attraverso lo spazio. Le stelle sono pure responsabili dell’origine degli elementi chimici. Il carbonio della materia viva, l’ossigeno che respiriamo, i metalli su cui poggia l’industria moderna, il calcio nelle nostre ossa, sono stati tutti prodotti da processi fisici all’interno delle stelle.

Le stelle sono fra i più affidabili strumenti per marcare il tempo, sia per brevi periodi di frazione di secondo che per lunghi periodi di miliardi di anni. Questa ampia gamma nasce dall’enorme varietà delle stelle, dalle pulsars che ruotano rapidamente alle stelle rosse nane in lenta evoluzione. Shakespeare iniziò un ben noto discorso con le parole “… un uomo nella sua vita svolge diversi ruoli…”, e per analogia una stella nella sua vita svolge molti ruoli. All’inizio una massa di materia comincia generalmente la sua vita in modo tranquillo, così come, per nostra fortuna, il Sole è al momento una stella tranquilla. Poi, disolito, c’è un marcato incremento nella produzione di energia, accompagnato da un crescente aumento della dimensione dell’involucro esterno della stella. A volte l’aumento dell’involucro esterno è accompagnato da continue oscillazioni interne ed esterne che sono utilizzate dagli astronomi per determinare la scala delle distanze dei grandi lineamenti dell’Universo. Quindi, e con relativa cre­ scente velocità, nelle stelle si producono delle esplosioni. Esse iniziano ad espellere materiale nello spazio, e si restringono dalle loro forme dilatate, sviluppando molti tipi di attività violenta, alcune diventano sorgenti di raggi x, alcune subiscono la violenza estrema di una esplosione di supernova, alcune ritornano ad essere nuovamente placide come stelle bianche nane, altre diventano pul­ sars che sono le sorgenti di raggi cosmici. La determi­ nazione di tutti questi processi in termini di fisica conosciuta unita a calcoli matematici è la branca dell’astronomia chiamata evoluzione delle stelle. Le cause che sono alla base di tutto questo sono le trasformazioni nucleari che avvengono all’interno delle stelle.

I processi che ho descritto, sebbene brevemente, non furono scoperti tutti nello stesso momento. L’intuizione che sarebbe possibile capire la fisica dell’interno delle stelle come un problema di scienza esatta iniziò a radicarsi già nella seconda metà del XIX secolo. Nomi che vengono alla mente sono von Helmholtz in Germania e Lord Kelvin in Gran Bretagna. Nella prima parte del XX secolo troviamo Emden in Germania e Karl Schwarzschild, il padre del mio collega Martin, sempre in Germania. Poi Eddington in Gran Bretagna insieme ad altri in numero sempre crescente – Hertzsprung e Russell, Chandrasekhar e Bethe.

Tutto questo avvenne nel periodo che ha preceduto la II Guerra Mondiale.

Il lavoro di Bethe immediatamente precedente la guerra mosse i primi lunghi passi verso ciò che si rivelò essere lo sviluppo-chiave degli anni del dopoguerra. Vale a dire l’associazione dei processi nucleari a ciò che è realmente visibile nel cielo. Questo doveva dimostrarsi un tema intricato e stimolante che ha fatto apparire sulla scena molti attori. Tra quelli che mi influenzarono personalmente, vorrei ringraziare specialmente l’osservatore Walter Baade e il mio collega di oggi, Professor Martin Schwarzschild.

E così arrivò finalmente ad una generazione più gio­vane della mia, sfortunatamente troppo numerosa per essere menzionata singolarmente. Grazie a loro, ciò che è iniziato come un rivolo cent’anni fa, che si è poi sviluppato nel mio tempo in un robusto ma pur sempre modesto fiume, è ora divenuto un potente flusso di scoperte. In questo flusso si sono acquisiti preziosi dettagli che anche i più fervidi voli dell’immaginazione non avrebbero potuto concepire solo una generazione fa. L’evoluzione delle stelle è davvero diventata ora uno dei rami meglio conosciuti della scienza fisica moderna: questa è la dimostrazione che una solida conoscenza nella scienza non deve essere acquisita solo in laboratorio. Anche se senza il  dili­gente lavoro di laboratorio di molti fisici nucleari, poco di ciò che è stato raggiunto sarebbe stato accessibile. E’ stato uno sviluppo nel quale la fisica nucleare di laboratorio, l’osservazione attraverso il telescopio e il calcolo matematico si sono trionfalmente uniti.

Martin Schwarzschild

Signor Presidente, Membri della Fondazione Balzan,

Signore e Signori,

ricevere un riconoscimento importante come il Premio Balzan è ovviamente motivo di immensa gioia, ma anche di meditazione profonda. Questo vale particolarmente nel mio caso: il destino mi è stato favorevole durante tutta la mia vita scientifica. Sono nato nell’astrofisica. Mio padre fu l’astrofisico tedesco Karl Schwarzschild, e mio zio l’astrofisico svizzero Robert Emden – che ora spartiscono due crateri confinanti nel lato non visibile della luna. Mio padre morì quando avevo 4 anni. Ricevetti la mia prima istruzione scientifica dagli amici di mio padre, tra loro Carl Runge (conosciuto per il metodo Runge-Kutta) e Ludwig Prandtl (pioniere della turbolenza). I miei studi all’Osservatorio di Göttingen furono guidati da Hans Kienle e Otto Heckmann, entrambi insegnanti tanto severi quanto stimolanti. Infine la mia educazione si è perfezionata a Oslo grazie all’acuto teorico Svein Rosseland e Harvard grazie a Harlow Shapley, che spostarono il centro dell’universo 25.000 anni luce lontano da noi.

Con un inizio così estremamente privilegiato, qualunque cosa utile io possa aver compiuto può essermi attribuita solo fino ad un certo punto. E ho commesso grandi errori. Il più evidente fu forse la mia scelta della teoria della struttura e dell’evoluzione stellare quale mio principale argomento di ricerca in un momento in cui questo campo era terribilmente bloccato. La ragione di questa impasse fu che i fisici non avevano ancora sviluppato la teoria nucleare al punto da fornire i dati quantitativi per i processi nucleari che provvedono le sorgenti energetiche all’interno delle stelle. Senza questi dati si poteva solo congetturare l’evoluzione stellare, ma non si poteva certo elaborare una coerente teoria al riguardo.

Prima di questa impasse la teoria della struttura stellare – non dell’evoluzione – fu portata avanti nella sua prima fase da Emden che analizzò l’equilibrio idrostatico all’interno delle stelle, da Eddington che dimostrò come il trasporto tramite radiazione trasferisca l’energia di una stella dal suo interno ad alta temperatura alla sua superficie, e da Chandrasekhar che sviluppò brillantemente la teoria delle stelle degeneri, quali le nane bianche. Fui ben generosamente istruito sulla situazione dell’arte a quel tempo, soprattutto dalle pazienti lezioni di Chandrasekhar, che divenne il mio insegnante decisivo a quel tempo. Ma mancava sempre la fisica nucleare!

Poi, nel 1938, apparvero due scritti, uno di von Weizsacker e l’altro di Bethe, che isolarono i processi nucleari specifici che avvenivano nelle stelle e fornirono le prime stime quantitative per le loro valutazioni. Improvvisamente tutti noi potemmo iniziare il vero lavoro sull’evoluzione stellare – malgrado, fino alla fine della guerra nel 1945, molti di noi fossero già occupati diversamente. Gli anni seguenti furono un periodo esaltante per la teoria dell’evoluzione stellare. Un momento per me particolarmente significativo fu quando Fred Hoyle venne a Princeton per 2 semestri primaverili consecutivi: fu per noi un momento meraviglioso di lavoro in collaborazione.

In questo modo, un destino benevolo non mi punì per l’errore che avevo commesso di aver studiato I‘interno delle stelle al momento sbagliato. Non nasconderò qui altre mie mancanze. Vorrei però vantarmi di due scelte che feci – singolarmente – e che si rivelarono corrette. La prima fu la scelta di mia moglie. E la seconda fu la mia scelta di accettare un incarico all’Università di Princeton, con l’esplicito scopo di la­ vorare con Lyman Spitzer. Fu lui che stimolò molto il mio lavoro, che organizzò i miei periodi di osservazione sul monte Wilson, che mi indusse ai telescopi sospesi nei palloni volanti- e questo prima dello Sputnik! – e che invitò Fred Hoyle come visiting professor a Princeton, cosa che portò alla nostra fruttuosa collaborazione. Queste due scelte corrette hanno compensato, così almeno credo, un certo numero di miei errori.

Ma la teoria dell’evoluzione stellare non si fermò con Fred e me. Nuove generazioni di giovani e audaci teorici hanno aperto completamente nuove prospettive in questo campo e stanno procedendo nel loro lavoro. Una di queste aree riguarda le stelle a rapida rotazione con i loro tuttora misteriosi campi magnetici, che presentano problemi che richiedono tecniche inedite per risolvere equazioni differenziali parziali, in contrasto con le semplici equazioni differenziali ordinarie, rilevanti per le stelle sferiche imperturbate che siamo soliti considerare esclusivamente. Un’altra area moderna riguarda le violente esplosioni di supernova che avvengono durante l’evoluzione finale di certe stelle, un fenomeno che porta alla formazione di elementi pesanti, un puzzle alla cui risoluzione Fred Hoyle ebbe un ruolo importante. Ancora un nuovo campo di studio riguarda le vicine stelle doppie che si disturbano le une con le altre così tanto che la materia si trasferisce dal compagno la cui superficie è più estesa alla superficie più compatta dell’altro compagno, provocando in tal modo l’emissione di raggi X. Da ultimo, ma non per importanza, un grande sforzo sperimentale e teorico è attualmente indirizzato verso i neutrini che scaturiscono continuamente dal sole. Nuovi precisi modelli per l’interno del sole suggeriscono che il tasso osservato del flusso di neutrino solare non corrisponde alla teoria standard del neutrino e può richiedere l’attribuzione di una piccola massa al neutrino, che si era ritenuto non avesse massa.

Chiaramente la teoria della struttura e dell’evoluzione stellare si trova attualmente in un momento stimolante nel quale dovrebbero ancora essere risolti i problemi maggiori.

Lo stesso era gloriosamente vero al tempo in cui Fred Hoyle ed io eravamo operativi in questo campo. Essere in grado di partecipare a questa ricerca rende la vita ricca e intensa. Scoprire che il proprio lavoro è seriamente approvato costituisce motivo di vera felicità e di profonda gratitudine.

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