Discorso di ringraziamento – Roma, 20.11.2014

Italia

Mario Torelli

Premio Balzan 2014 per l'archeologia classica

Per il carattere profondamente innovatore dei suoi studi in tutti i principali ambiti della cultura antica, da quello greco a quello etrusco a quello romano, per la grande rilevanza delle sue sperimentazioni metodologiche e delle sue scoperte archeologiche, per l’originalità della sua opera in cui convergono in una salda visione globale l’indagine storico-epigrafica, l’analisi iconologica, la valutazione storico-religiosa, la ricerca antropologica, sempre sostenute da una sensibile attenzione alle strutture economiche e sociali e agli aspetti ideologici e istituzionali delle culture antiche.

Signor Presidente,

sono particolarmente commosso e onorato di ricevere dalle Sue mani questo prestigioso premio, che vorrei dedicare alla memoria di quattro grandi maestri dell’Università di Roma, ai quali la mia formazione deve moltissimo, Massimo Pallottino, Attilio Degrassi, Angelo Brelich e Ranuccio Bianchi Bandinelli: mi piace ricordare che di quest’ultimo sia io che Lei, signor Presidente, siamo stati buoni amici e che il primo mi ha preceduto nell’ottenere trent’anni or sono, solo fra gli archeologi italiani, la medesima distinzione.

Una stagione fortunata ha consentito che questi quattro studiosi, diversissimi fra loro, ma tutti di straordinaria dottrina, insegnassero nella stessa Università nella seconda metà degli anni Cinquanta. Oggi i processi di cooptazione nella comunità scientifica universitaria, sconvolti di recente da mediocri leggi e fatti segno di scarsa attenzione da parte della pubblica opinione, rischiano di rendere non più ripetibili circostanze come quella da me appena richiamata.
Tuttavia non poco il mio percorso di ricerca è debitore anche nei confronti del quinquennio trascorso, agli inizi della mia carriera, nella Soprintendenza alle Antichità di Villa Giulia: in quel quinquennio ho avuto la ventura di scoprire il santuario greco del porto di Tarquinia, forse la mia scoperta di campo più importante, che ha senz’altro cambiato profondamente l’indirizzo dei miei studi.
Pur nelle ristrettezze di bilancio e fra mille difficoltà di ogni genere, le soprintendenze archeologiche allora offrivano mezzi e occasioni per un avanzamento del sapere di primissimo ordine e, se guidate bene, potevano essere centri di ricerca importanti. Anche in questo caso è alle porte una riforma, che deve porre giusto rimedio ai guasti provocati da cooptazioni dissennate, come la legge 285 del 1978 per la disoccupazione giovanile, e da una proliferazione di dirigenze, che rischia di trasformare il volto di quelle istituzioni in tanti eserciti di soli generali. Il nucleo di questa legge appare dominato dall’intramontabile ossessione economicista che vuole che il governo dei Beni Culturali sia puro management.

Sono fiducioso, Signor Presidente, che la sua grande saggezza e il ricordo dell’antica amicizia con una personalità come Bianchi Bandinelli saprà far indirizzare i progetti di riforma verso una rinascita della funzione scientifica che le Soprintendenze hanno in passato tanto spesso saputo svolgere.

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