Discorso di ringraziamento – Roma, 17.11.1988

Israele/Polonia

Shmuel Noah Eisenstadt

Premio Balzan 1988 per la sociologia

Shmuel Eisenstadt ha contribuito più di ogni altro sociologo contemporaneo a unire la teoria sociologica alla ricerca storica ed empirica nonché a promuovere la nostra conoscenza delle peculiarità, delle affinità e del compenetrarsi di società antiche e moderne in Africa, Asia, Europa, America Latina e del Nord.


Signor Presidente della Repubblica,
Eccellenze ,
Signor Presidente e membri della Fondazione Balzan ,
Illustri colleghi ,
Signore e Signori,

Desidero esprimere la mia più profonda gratitudine alla Fondazione Balzan per avermi attribuito il premio 1988 per la sociologia .
Sono pienamente consapevole del grande onore che mi è stato fatto. E sono particolarmente lieto, perché presumo che questo riconoscimento premi soprattutto l’importanza della linea di analisi sociologica che ho seguita per la maggior parte del mio lavoro – e cioè la ricerca storica e comparata sulle civiltà.
Questa linea ha le sue radici nella più profonda tradizione sociologica quale si è manifestata negli scritti dei precursori , in particoIare Montesquieu, de Tocqueville e Marx, e dei padri fondatori , specialmente Durkheim,  Weber , Mosca e Pareto. Essa si è sviluppata assieme alla tradizione sociologica in generale, come parte della vasta e varia impresa dottrinale moderna, che abbraccia , tra l’altro, storia, antropologia, filosofia , giurisprudenza comparata: tutte discipline che hanno le loro fondamenta nella grande tradizione di riflessione e autoesame della civiltà occidentale, con le sue radici ebraiche, greche e cristiane.
Al pari degli studi sociologici in genere , tale analisi ha dato – e , con buone speranze, continuerà a dare, purché non sia corrotta da tendenze amministrativo-tecnocratiche – un grande contributo all’aprirsi e all’approfondirsi della riflessione illuminata su di sé, all’interno delle società moderne .
Prima di tutto si deve cercar di capire la natura , la vulnerabilità e le crisi delle società e delle civiltà moderne occidentali, quali si affacciano, dal diciannovesimo secolo in poi, all’orizzonte della storia umana . È ovvio che, inizialmente, le grandi analisi di altre civiltà (in particolare delle grandi civiltà asiatiche), intraprese nel quadro di quelle ricerche, mettevano a fuoco soprattutto le differenze che le distinguevano dalla civiltà occidentale moderna. Oggi, però, la maggior sfida che si presenta a noi consiste nel cercare anche di comprendere per quali vie le tradizioni e l’esperienza storica di quelle civiltà – oltre che, naturalmente, di quella europea- abbiano contribuito a definire i profili – e le tribolazioni – delle molte e varie società moderne e in via di modernizzazione che stanno emergendo in tutto il mondo.
La sfida posta da tale questione è ancora aperta: direi, anzi, che sotto molti aspetti siamo solo agli inizi. Tuttavia siamo molto fortunati a trovarci nella situazione di poter costruire su basi già esistenti , sulle spalle dei “giganti”, che ho prima menzionati. Io stesso ebbi la fortuna di conoscere e adottare questa tradizione, grazie ai miei maestri alla Hebrew University of Jerusalem, Martin Buber e lo storico Richard Koebner , nonché a parecchi studiosi – sociologi, antropologi, storici – con i quali ebbi il privilegio di incontrarmi, e dai quali appresi molto durante il mio soggiorno alla London School of Economics, quarant’anni fa. Fra questi incontri tengo a sottolineare quello con Edward Shils: da allora ci lega una stretta comunanza di idee. Mi sento molto onorato di succedergli quale vincitore del Premio Balzan per la sociologia.Vorrei anche ricordare il mio debito di gratitudine verso Talcott Parsons e Robert K. Merton. verso quei colleghi con i quali , durante quel bellissimo anno, passato tra il 1955 e il 1956 al Center for Advanced Study in the Behavioral Sciences, strinsi una grande amicizia, che continua tuttora; e, infine, verso tutti i colleghi , collaboratori e studenti, a Gerusalemme e in molti altri luoghi. Desidero evocare con particolare riconoscenza la memoria di Arnaldo Momigliano, con il quale ebbi la fortuna di collaborare durante l’ultimo decennio sullo studio delle civiltà assiali. Tengo a ringraziare con l’occasione anche mia moglie, i mie i figli e la mia famiglia per il loro continuo sostegno.
L’onore che mi avete accordato pone un gravoso fardello di responsabilità sulle mie spalle. Nel Trattato dei Padri (Pirkei Avot) della Mishna, il primo grande manoscritto di giudaismo post-biblico – e l’unica parte non giuridica di quel manoscritto – uno dei Saggi, Rabbi Tarfon, dichiara: «il giorno è breve e c’è molto lavoro da svolgere , i lavoratori sono pigri e la loro paga è alta; il Maestro preme». E continua «Non tocca a te finire il lavoro , ma non sei nemmeno libero di sottrarti ad esso». (In ebraico: ” Lo alecha hamlacha ligmor veein ata benhorin Lehipater mimcna”).
Naturalmente mi rendo ben conto che non potrò svolgere che una piccola parte del lavoro che avrei desiderato compiere; e, anche, che ogni lavoro terminato non lo è mai veramente del tutto – come si cita al termine della lettura della Tora- “Tam velo nishlan”-. Al tempo stesso incombe su tutti noi il dovere di sforzarci di continuare a lavorare – studiando – su ciò che non può mai essere completato.
È con profonda riconoscenza per il vostro incoraggiamento a perseverare in questo lavoro che accetto, con stima e gratitudine, il Premio Balzan 1988 per la sociologia.

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