Discorso di ringraziamento – Roma, 21.11.2008

USA/Serbia

Thomas Nagel

Premio Balzan 2008 per la filosofia morale

Per i suoi fondamentali e innovativi contributi alla teoria etica contemporanea, sia nell’ambito delle scelte personali e individuali sia nell’ambito delle scelte collettive e sociali. Per la profondità e la coerenza della sua originale prospettiva filosofica, incentrata sulla tensione essenziale fra un punto di vista oggettivo e impersonale e un punto di vista soggettivo e personale. Per l’originalità e la fecondità del suo approccio filosofico ad alcune fra le più importanti questioni di vita contemporanee.

Signor Presidente,
Membri della Fondazione Balzan,
Signore e Signori,

È per me un grande onore essere qui e far parte della comunità straordinariamente eterogenea e insigne di coloro che hanno ricevuto il premio Balzan nel corso degli anni. Sono particolarmente grato per il riconoscimento attribuito all’ambito della filosofia morale come conseguenza della decisione presa quest’anno di assegnare un premio a questa categoria. È un aperto riconoscimento della notevole evoluzione e crescita che questa disciplina ha vissuto nella nostra epoca. Tra i principali e più recenti settori di attività e influenza filosofica rientra, infatti, non solo la filosofia morale ma anche la sua applicazione alla teoria politica, alla filosofia del diritto e alle questioni di politica pubblica.

Sono entrato nel campo della filosofia in un momento fortunato. Dopo un lungo periodo di stasi, causato a mio parere dalla combinazione dell’influenza del positivismo logico e del marxismo, entrambi a loro modo scettici riguardo alle consuete forme di pensiero morale, nella seconda metà del ventesimo secolo la filosofia ha ricominciato a interessarsi seriamente delle importanti questioni morali e politiche. Negli anni ’50, quando frequentavo la Cornell University, studiavo con John Rawls, che stava allora iniziando a lavorare a quella teoria della giustizia che avrebbe poi trasformato tale disciplina in modo radicale. Rawls mi ha trasmesso soprattutto la convinzione che l’etica filosofica non fosse limitata all’analisi dei concetti morali e del linguaggio morale, e che fosse possibile riflettere razionalmente su questioni di prim’ordine in ambito di moralità e giustizia in modo tale da rispettarne la complessità. Ho poi trascorso due anni a Oxford, dove ho conosciuto Philippa Foot, il cui lavoro su etica e motivazione mi ha lasciato un segno profondo, e H. L. A. Hart, che con le sue lezioni e le sue riflessioni sull’applicazione legale della morale, rispettivamente pubblicate nelle opere Il concetto di diritto Diritto, libertà e morale, stava imprimendo un nuovo corso alla filosofia del diritto. Sono poi tornato a Harvard, negli Stati Uniti, per completare il mio dottorato di ricerca, con Rawls come supervisore (dato che si era trasferito lì) che stava ultimando la sua opera principale, Una teoria della giustizia, e ne discuteva le bozze con i suoi studenti.

Queste personalità hanno impresso un nuovo corso alla filosofia morale, politica e del diritto, permettendo così all’aspetto umanistico della filosofia di diventare una componente importante di quella tradizione analitica che era, ed è tuttora, dominante nel mondo anglofono. Ho avuto la fortuna di annoverare fra i miei amici e colleghi diversi filosofi che, per usare le parole di Bernard Williams, perseguivano “la filosofia come disciplina umanistica” e per i quali la filosofia morale era un elemento centrale della disciplina: lo stesso Williams, Ronald Dworkin, David Wiggins, Robert Nozick, T. M. Scanlon, Derek Parfit, e altri ancora. Di tutte queste frequentazioni, una è stata particolarmente prolungata e proficua: negli ultimi vent’anni Ronald Dworkin e io abbiamo diretto, presso la New York University, un seminario su Diritto, Filosofia e Teoria Sociale, al quale abbiamo invitato molte delle più significative personalità di queste discipline per discutere di ciò a cui stavano lavorando e per presentare loro i nostri scritti.

Ho lavorato anche in altri campi, soprattutto in quello della filosofia della mente e della teoria della conoscenza, ma la mia principale patria intellettuale è stata, con ogni probabilità, questa comunità di individui che condividevano l’interesse per le questioni morali, politiche e giuridiche concrete e la convinzione che fare passi avanti in tali ambiti fosse possibile grazie all’aiuto della ragione, della dialettica e dell’analisi. La filosofia è sostanzialmente un’impresa solitaria, ma noi eravamo soliti incontrarci e commentare le bozze dei nostri lavori, e diversi problemi comuni venivano affrontati da diversi punti di vista. Questi problemi includevano il rapporto fra libertà e uguaglianza come ideali sociali e politici; il grado di imparzialità fra gli individui richiesto dalla morale e il suo rapporto con le esigenze della vita individuale e dei legami personali; la base dei diritti individuali e del rigoroso divieto di certi modi di trattare le persone, anche se visti come mezzi per conseguire fini utili. Ci siamo inoltre occupati delle questioni pubbliche urgenti della nostra epoca collegate a questi problemi più astratti: i motivi e i metodi legittimi della guerra; il modo in cui il potere dello stato possa essere legittimamente usato per favorire l’uguaglianza economica; la risposta adeguata alle disuguaglianze fra le razze e fra i sessi; il rapporto fra religione e stato; e le questioni culturalmente delicate della libertà sessuale e dell’aborto. Non credo che abbiamo avuto un grande impatto sulle politiche pubbliche, ma abbiamo permesso all’aspetto filosofico di tutti questi argomenti di svolgere un ruolo nell’insegnamento universitario di questa disciplina, mentre alcune discussioni sono sconfinate in altri campi, soprattutto in quelli del diritto, dell’economia e delle scienze politiche.

Attraverso la filosofia ho stabilito contatti in tutto il mondo, soprattutto grazie all’aumento e alla diffusione progressivi dell’interesse per gli sviluppi della teoria morale e politica e alla crescente influenza dei valori della democrazia costituzionale e dei diritti umani. È stata un’esperienza emozionante partecipare a dibattiti su questi argomenti in Ungheria, Russia, Cina, Argentina e Sudafrica nei periodi di transizione politica; ma anche le amicizie filosofiche che ho stretto in Italia, Francia e Germania, come pure in altri paesi, sono dovute a questa diffusione di idee.

Ricordo con particolare piacere, ad esempio, un convegno organizzato a Napoli da Sebastiano Maffettone, seguito da una discussione notturna al bar dell’Hotel Santa Lucia con John Rawls e Ronald Dworkin, alla quale era presente pure Salvatore Veca. Forse se la ricorda anche lui. Rawls accenna a questo episodio nell’introduzione al suo libro Political Liberalism.

Sono molto onorato di accettare il premio Balzan per la filosofia morale e vorrei accettarlo non solo per me, ma come tributo alla comunità dei filosofi che hanno dato vita a questa disciplina nella nostra epoca, compresi alcuni dei migliori, come John Rawls, Bernard Williams e Robert Nozick, che non sono più tra noi.

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