Intervista a Wallace Broecker, 2.10.2013

USA

Wallace Broecker

Premio Balzan 2008 per la scienza del mutamento climatico

Per lo straordinario contributo alla comprensione del mutamento climatico dato dalle sue scoperte sul ruolo degli oceani e sulla loro interazione con l’atmosfera nonché sul ruolo dei mutamenti dei ghiacciai e sui dati contenuti nelle carote di ghiaccio e nei sedimenti oceanici. Il suo contributo è stato importantissimo per la comprensione del mutamento climatico sia repentino sia graduale.

Wallace Broecker, Newberry Professor di Earth and Environmental Sciences alla Columbia University di New York, è lo scienziato che ha coniato il termine di “global warming” che ha avuto molta fortuna nella divulgazione, ma ha aperto tanti e preoccupanti problemi scientifici.

Il Premio Balzan che gli è stato attribuito nel 2008 per la scienza del mutamento climatico, non è certo arrivato alla conclusione del suo impegno. Anzi: nel corso della conversazione Broecker ha spiegato come ha impiegato la parte del premio destinata al finanziamento del suo progetto di ricerca Balzan, il cui scopo fondamentale era quello di determinare in che modo le osservazioni della paleoclimatologia può supportare le previsioni secondo cui, procedendo il riscaldamento del pianeta dovuto alle emissioni di anidride carbonica (CO2) da combustibili fossili, le precipitazioni saranno sempre più concentrate all’Equatore. 

Le attività di ricerca si sono focalizzate su dati provenienti da diverse fonti, come sedimenti nei fondali marini e l’ampiezza di bacini lacustri chiusi, depositi nelle grotte e carotaggi dei ghiaccai profondi. Broecker ha ingaggiato tre postdoctoral fellows:
«Tutti e tre hanno ricoprono ora posizioni di rilievo nel settore: uno è professore a Singapore, un altro in Australia e il terzo nel mio istituto, il Lamont Observatory alla  Columbia University. Tutti e tre hanno lavorato su cose per cui mi sono interessato in tutta la vita – dice Broecker -. Ho 81 anni, i giovani sono la linfa vitale di un’istituzione e farli venire qui per studiare è stata una cosa splendida, sia per i tre postdoctoral che per me».

Parlando di mutamento climatico, scienza per cui è stato premiato nel 2008, cosa pensa delle ricerche di Kurt Lambeck che ha vinto il Premio Balzan per le scienze della terra l’anno scorso? C’è una relazione tra le analisi di Lambeck e le sue osservazioni sugli effetti della CO2  sul clima? 
«Lambeck si è focalizzato molto sul livello dei ghiacci nelle epoche passate e su quanto i ghiacciai si sono sciolti nei periodi interglaciali. Lui, e altri, hanno concluso che il livello dei mari è molto più alto, oggi».
E nel prossimo futuro? È ottimista per quanto riguarda la possibilità che si possa fare qualcosa per rimediare a questi danni, o frenare questo processo? 
«Per niente. Siamo arrivati oggi a un livello di CO2 di 400 parti per milione (ppm). Non eravamo mai andati al di là delle 280. Nel 1850 si era a 250 ppm e nei 50mila anni precedenti  eravamo sempre stati al di sotto di quel limite. I nostri modelli mostrano che stiamo per raggiungere le 600 ppm e se siamo sfortunati addirittura le 800. Dal giorno del protocollo di Kyoto abbiamo aggiunto 30 ppm» Aggiunge Broecker.
Qual è il motivo di un incremento così rapido e cosa possiamo fare al riguardo?
«Una ragione, in parte, è l’industrializzazione della Cina, dell’India e del Brasile, che hanno costruito impianti a carbone e bruciano combustibili fossili. Certo è difficile far loro smettere di usarli perché non abbiamo una valida fonte alternativa di energia a costo inferiore che può rifornire una nazione, specialmente quendo questa è una delle “tigri” del mondo in via di sviluppo. È naturale che essi vadano a utilizzare carbone, petrolio e gas come noi abbiamo fatto prima di loro, e peraltro continuiamo a fare».

Pensa che ci sia una possible soluzione al problema, se possiamo dare una regola all’utilizzo dei combustibili fossili?
«Nel 1999 incontrai Klaus Lackner, che ebbe una grande idea, di spazzolare l’aria dall’anidride carbonica. Le sue idée mi colpirono molto. Noi stiamo cercando di catturare la CO2 e di spingerla fuori dall’atmosfera; stiamo lavorando su prototipi di apparecchi “catturatori”, ma avremmo bisogno di milioni di essi. La loro realizzazione e sperimentazione impiegherebbe 10 – 20 anni di tempo, ma l’orologio sta correndo. Gradualmente la CO2 va nell’oceano. Dobbiamo arrivare a una soluzione tecnica; è un problema primario e dobbiamo affrontarlo. Adesso».

Iscriviti per ricevere tutti gli aggiornamenti sulla Fondazione Internazionale Premio Balzan.

Io sottoscritto dichiaro di aver letto e ben compreso l’informativa ai sensi del Regolamento UE 2016/679 in particolare riguardo ai diritti da me riconosciuti e presto il mio consenso al trattamento dei miei dati personali con le modalità e per le finalità indicate nella informativa stessa.
Fondazione Internazionale Premio Balzan